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Santissima Mia

Mistero per tre voci

Nell’ambito del Progetto “Racconta la Guerra”
Con il Patrocinio di Regione Lazio, Provincia di Frosinone e Archivio di Stato

Menzione Speciale

Festival “Teatri del Sacro” 2011

Testo e regia DAMIANA LEONE
Con DAMIANA LEONE, ILARIA AMADASI e FRANCESCA REINA

Luci ALESSANDRO CALABRESE
Foto GIOIA ONORATI e IOLE MINGARELLI
Ufficio Stampa ILARIA FERRI
Produzione ERRARE PERSONA

Sinossi e Note di Regia

Santissima mia è l’espressione che si usa nel Basso Lazio per indicare la massima forma di devozione a Dio, in quanto uno e trino. L’accezione femminile crea una particolare ambiguità che solo in quei luoghi è comprensibile e tanto cara, perché si parla della Santissima Trinità, detta anche immagine ereticale perché formalmente riconosciuta dal Vaticano come culto solo negli anni quaranta e per devozione popolare. E di sacralità di una terra e di devozione femminile vogliamo parlare. Nel 2008 è iniziata, da parte della nostra compagnia, una lunga fase di ricerca sul territorio del basso Lazio che ha portato alla realizzazione dello spettacolo “Ninetta e le altre – le marocchinate del ‘44”, incentrato sul tema della seconda guerra mondiale sul fronte di Montecassino e sugli stupri che subì la popolazione civile ad opera delle truppe coloniali francesi.

Questa ricerca, che ha portato alla creazione di un primo nucleo di archivio storico di memoria orale che stiamo creando insieme alla provincia di Frosinone, ci ha messo di fronte ad un materiale di storie e riti legati al sacro in un territorio in cui il culto è sempre andato di pari passo con la cultura. Ne è nata una ricerca quasi antropologica sulle tradizioni popolari del Basso Lazio legate ai culti sacri, in particolare ai pellegrinaggi che si compiono nel periodo estivo, e che noi stesse abbiamo ripercorso, con particolare attenzione per il santuario di Vallepietra della Santissima Trinità e dell’originale canto delle zitelle che si tiene a maggio, con il santuario mariano di Canneto, e con il miracolo del sangue liquefatto di San Lorenzo ad Amaseno e infine con Montecassino, luoghi di culto antichissimi e fondamentali per la diffusione della cristianità in occidente ma spesso trascurati e poco noti.

Attraverso questa ricerca dei rituali, delle storie e delle leggende legate alle grazie, ai canti popolari commisti con la recitazione e la drammaturgia strettamente legata alla ricerca linguistica (il lavoro è a metà tra il ciociaro e un linguaccio latino maccheronico) con ambientazione da dopoguerra, si racconta la storia di tre donne, snodata tra questi pellegrinaggi, con visioni di santi, ricerca di Dio e amore per la vita. Storie ispirate da fatti realmente accaduti, tre Cassandre cristiane che vivono il rapporto con la religione in modo emotivo e totale, fino a ritrovarsi ad essere studiate in manicomio come delle cavie, o esse stesse come delle creature soprannaturali. Donne proclamate sante per devozione popolare, e ritenute pazze dalla scienza, ma semplicemente innamorate della loro fede.

Questo viaggio inizia con le donne che si preparano per il pianto delle zitelle, rituale che si rinnova ogni anno a Vallepietra e in cui si portano in processione le donne del paese a rappresentare la passione di Cristo. Sono tutte vestite di bianco e nero e costituiscono il coro, solo una è vestita di nero ed è la madonna. A partire da questo momento, senza un reale ordine logico, come nei misteri medievali a cui tendono come modello sia la drammaturgia che la regia, la storia di queste donne si intreccia ai riti del pellegrinaggio che essendo diretto verso luoghi di montagna diventa una via crucis stessa, fatta di devozione e visioni anche collettive. Una delle donne rimane incinta convinta che sia stata visitata dall’arcangelo Gabriele, l’altra piena di devozione è una Santa ingenua e semplice che sente e vede ciò che agli altri non è concesso, che emotivamente guida le altre verso un percorso spirituale, le altre, che alternano vari personaggi, sono di volta in volta suora, amica,  compagna di manicomio o cantadora.

Questo cammino porterà la Maria ad essere analizzata e ricoverata come visionaria e schizofrenica, per quello, che portato all’estremo, è un vero e proprio conflitto di civiltà interno al nostro mondo Occidentale: un laicismo forzato che sfocia in un ateismo senza se e senza ma, considerato come forma di emancipazione, e un desiderio spirituale antico, vissuto in modo totale e di cui vere protagoniste sono sempre e solo le donne.

SCHEDA TECNICA

  • Titolo: Santissima Mia
  • Autore: Damiana Leone
  • Anno di produzione: 2011
  • Durata: 60 minuti
  • Tecnica utilizzata: Teatro di Narrazione, Teatro musicale, Teatro antropologico
  • Attori: 3
  • Tecnici: 1
  • Scenografia: Scena Nuda, con in scena 60 lumi accesi
  • Spazi richiesti: Teatro, aula magna, e altri spazi chiusi o all’aperto adeguati ad una messa inscena e dotati di posti a sedere.
  • Dimensione minime spazio scenico: 7 m (larghezza) – 6 m (profondità) – 4 m (altezza)
  • Proiettori: minimo 10 pezzi da 650/1000 kw
  • KW impegnati: minimo 10 kw

Si richiede la presenza di un tecnico in loco che segua la compagnia.

FOTO

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